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La scimmia, la noce di cocco, il maestro Hakuin e scissioni in atto

Dato che mi è stato chiesto, espressamente,  di coniugare Mindfulness e scissione del PD, impresa apparentemente titanica, vorrei partire da tre racconti, gli ultimi due del buddismo zen, buddismo da cui la Mindfulness trae ispirazione e di cui rappresenta la versione laica. Il primo:  è la storia, di cui peraltro non so la veridicità, sulla tecnica usata in India per catturare le scimmie. Si pratica un foro in una noce di cocco legata a una catena, abbastanza grande per fare entrare la mano aperta della scimmia ma nello stesso tempo abbastanza piccola per impedire che il pugno chiuso possa uscire. Al suo interno viene posta una banana che la scimmia afferra ma non riesce a tirarla fuori per la strettezza del foro. Nonostante i tentativi effettuati o la scimmia lascia la banana estrae la mano e scappa oppure viene catturata.

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La paura fa…90, 180, 270. Cosa ci può insegnare un chirurgo pauroso(2°)

….. Dopo aver visto cosa è la paura, a cosa serve, cosa determina a livello del nostro corpo e come funziona cerchiamo di vedere perché il meccanismo a essa legato può essere invalidante e portarci a non vivere pienamente la nostra vita. Qui, evidentemente, parliamo non del camion che ci sta venendo addosso o dello strapiombo che vediamo a pochi centimetri dai nostri piedi e in cui la paura rappresenta un elemento utile. Parliamo piuttosto della paura di un evento futuro di cui temiamo l’avverarsi, evento solo ipotizzato basandosi su dati non reali o realistici. Come abbiamo visto, la paura scatta quando percepiamo una minaccia per la nostra sicurezza. E questo è il primo punto: la percezione della minaccia avviene a livello della nostra mente. E’ lì che dobbiamo cominciare ad indagare. E’ questa che fa il primo bilancio dell’entità della minaccia. E se questo bilancio viene fatto su dati ipotetici e prevedendo conseguenze ritenute drammatiche anche la paura si connoterà di drammaticità. Affrontare la paura vuol dire, in primo luogo, affrontare la nostra mente, cercare di capire perché questa ha fatto scattare quell’insieme di sensazioni fisiche e psichiche che identifichiamo con questo termine. Osservare la nostra mente e i suoi meccanismi può permetterci di abitare quello spazio che sta tra lo stimolo che determina la paura e le sensazioni e gli atteggiamenti che ad essa seguono. Diceva il grande psicoterapeuta V. Frankl “tra stimolo e risposta che ad esso diamo c’è uno spazio e in questo sta il nostro successo e la nostra crescita”. Dunque, per capire la paura e soprattutto la “nostra” paura dobbiamo osservare la nostra mente. Un aneddoto clinico di un paziente che ho avuto in cura, e di cui ho modificato diversi particolari per renderlo irriconoscibile, può illustrare quello che stiamo dicendo.

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Alzheimer, la morte dell’anima e G.G. Marquez

Nel precedente post ho voluto lanciare qualche idea su quanto la nostra condizione di persone mortali, la nostra mortalità ci può insegnare. Oggi vorrei affrontare una morte molto particolare: quella delle persone affette in generale da una forma di demenza. Sì,  perché quella delle persone affette da demenza è una morte particolare. Come mi ha detto una persona con la madre affetta da Alzheimer è la morte dell’anima: c’è un corpo ma non c’è più, apparentemente, l’anima, quell’insieme di caratteristiche e di abilità, linguaggio per citarne uno, che permette a una persona essere in relazione con gli altri. Come vedremo questo è solo apparentemente vero. Tralascio volutamente le cause biochimiche, e  le condizioni che ne favoriscono la insorgenza, come tralascio l’impatto di tali patologie sia a livello globale sia, soprattutto,  delle singole famiglie. Basta qui citare il dato che il costo a livello mondiale di queste patologie è di 818 miliardi di dollari, pari al 1,09% del PIL mondiale e che questi costi siano in continuo aumento. In questa sede mi preme piuttosto affrontare la grave condizione dei malati e dei cosiddetti “caregivers”, le persone che si prendono cura di questo tipo di malati; spesso entrambi messi nel terribile isolamento di una terra di nessuno. Continua la lettura di Alzheimer, la morte dell’anima e G.G. Marquez

Fresco, fresco…lo stress cronico aumenta il rischio di infarto (The Lancet Jan 2017), e la Mindfulness?

Diceva un mio professore ai tempi dell’università, sbagliando, ” i medici quando non sanno fare una diagnosi danno la colpa allo stress”: segno di una vecchia mentalità che riteneva che gli effetti dello stress  fossero espressione di mancanza di “spina dorsale”. Oggi, viceversa, sappiamo che lo stress, soprattutto se prolungato, entra a pieno diritto in quello che, parafrasando la definizione sui tumori più pericolosi,  gli anglosassoni chiamano i “Big killer” al pari della cattiva alimentazione, la vita sedentaria, e l’eccessivo uso di sostanze voluttuarie come tabacco e alcool. E che la nostra società sia estremamente stressante non è una novità essendo sotto gli occhi di tutti: eccessiva competitività, eccessivi carichi di lavoro, insicurezza del posto di lavoro, stile di vita, tanto per citarne solo alcuni.

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Mente di bambino, mente di Natale

Un babbo natale moooolto mindful

“Ma ha senso ripensare ai Natali dell’infanzia, quando aspettavi fingendo di dormire che venisse mattina? Ha senso ripensare ai Natali della giovinezza,quando si scalpitava aspettando di uscire incontro alla notte e all’abbraccio freddo di dicembre, una sciarpetta e via? Ha senso ripensare ai Natali dei figli piccoli, quando si inscenavano magnificenti messe in scena con tazzine sporche di caffè, biscottini sbriciolati e nonni compiacenti che simulavano gli zoccoli delle renne in balcone? Ma no. Ogni Natale è diverso, restano identiche le palline rosse dell’albero comprate quando eri incinta, qualche ghiacciolo di vetro che ha resistito da quando eri bambina, la voglia di canticchiare fa-la-la-la che non si estingue, le regolari corse al regalo buffo per il gusto di metterlo sotto l’albero, gatti inclusi. La diversità è nelle piccole cose che sogni per l’anno che viene, i progetti da organizzare, i libri da sottoporre a revisione (e quanto lo amo, il momento in cui fai le pulci a te stessa), quelli da leggere, quelli da immaginare, gli amici a cui pensare, i gatti che saltellano con circospezione intorno all’albero senza – incredibile- toccarlo. E il respiro profondo che fai, pensando che quel che conta è, ancora una volta, desiderare e immaginare. Per te, per chi ami, per voi, caro commentarium. Sottraetevi alle polemiche da social, tirate quel respiro, e vogliatevi bene.”

Dato che è Natale e siamo tutti buoni immagino che Loredana Lipperini in quanto vecchia amica (non lei, l’amicizia…) non mi denunci per plagio… Riprendo questo suo post su Facebook,  la cosa migliore che ho letto in giro in questo Natale, perché mi permette di fare alcune riflessioni e per rispondere alle sue domande pubblicamente.

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Rosberg, Key, la colomba assassinata e A. Resnais

41yscng3-gl-_sx361_bo1204203200_C’è un libro “antico” che ho molto apprezzato e che, negli anni,  ho ogni tanto ripreso in mano: “La Colomba assassinata” di H. Laborit. Questi, neurofisiologo, candidato al premio Nobel per la medicina, scopritore della prima cura della schizofrenia  attraverso la clorpromazina, capostipite dei farmaci per i disturbi psichiatrici, ha avuto molto successo anche al di fuori della stretta cerchia accademica; tanto da influenzare profondamente anche un maestro di cinema come Alain Resnais che utilizzò le sue idee per farne uno straordinario  film dal titolo “Mon oncle d’Amérique”(1980) in cui lo scienziato compare anche in un “cammeo”.
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Consapevolezza, spaghetti … e oltre

Spaghetti e mente di principiante
Spaghetti e mente di principiante

Consapevolezza e … spaghetti è un argomento che ho già trattato precedentemente in un articolo pubblicato su Huffington Post, e a cui rimando, ed in cui affrontavo come mangiare in modo consapevole un piatto di spaghetti pomodoro e basilico

http://www.huffingtonpost.it/2014/01/29/mindfulness-meditazione-now_n_4685703.html

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