Alcuni di voi, oltre ad altri amici, mi hanno chiesto cosa ci si dice per un anno nel “Master di Neuroscienze e Meditazione” che si tiene all’Università di Udine. Volendo venir incontro a tale curiosità ho pensato di utilizzare questo blog per darvi un rendiconto, che spero interessante, dei vari contributi che via via verranno dai vari relatori.
Il Master ha la durata di un anno e si svolge in incontri mensili della durata di 3 giorni. Oltre a lezioni frontali ogni giorno ci sono momenti di meditazione. Ogni incontro approfondisce la relazione tra Mindfulness e vari aspetti del mondo psichico: dalla Psicanalisi agli effetti della Realtà Virtuale, dalla memoria al funzionamento cerebrale, dalla autotrascendenza alla empatia, etc. Il tema della scorsa settimana era Mindfulness (M) e Psicanalisi (P) tenuto dal Dr Graziano Graziani, che ha messo in evidenza alcune similitudini tra questi percorsi. Continua la lettura di Master di Neuroscienze e Meditazione: suggestioni, novità e approfondimenti. Mindfulness e Psicanalisi (1)
…. Bene, essendosi risolto il problema del braccio rotto, torniamo a dove ci eravamo lasciati. All’esperimento del silenzio.
Barcellona. Non sono un sociologo né un esperto di cose militari e neppure mediorientali. Per cui non voglio entrare in territori che non mi competono come parlare degli obbiettivi a breve e lungo termine delle strategie che stanno dietro a queste tragedie.Oppure a quanto succede oltre lo stagno chiamato mar Mediterraneo. Oppure ancora analizzare l’uso politico che viene fatto di queste tragedie parlando alla pancia della gente per proprio tornaconto elettorale o di consenso; spesso proponendo soluzioni semplici a problemi complessi, atteggiamento tipico dei movimenti populisti. E i problemi complessi hanno tante sfaccettature a volte confluenti a volte contrastanti, con la necessità, per risolverli, di averne una visione globale che le abbracci tutte.
Prendo spunto da un episodio di cronaca che è comparso su tutti i giornali. Le fotografie dell’esercito di formiche che impazzano sul letto di un’ammalata a Napoli, attaccata a una flebo, dunque nell’impossibilità di muoversi, hanno fatto (purtroppo!!) il giro del mondo. Non entro nel merito del fatto, già di per se agghiacciante e facilmente condannabile, quanto su come questo sia, mi sembra, il risultato di un atteggiamento piuttosto generalizzato. Ho l’impressione che il nostro livello di guardia nei riguardi della sciatteria e superficialità si sia andato progressivamente abbassando; sembra che, nel mondo reale della vita di tutti i giorni, la nostra sensibilità si sia attutita.
Durante la missione Apollo 13, che prevedeva la discesa di un modulo lunare, si verificarono una serie di problemi che portarono all’insuccesso della missione stessa e che fece correre all’equipaggio rischi seri. Nel libro scritto dal capo missione e ripreso anche nel film Apollo 13 viene citata la frase che da il titolo a questo post e che è diventato nel tempo una frase che a volte utilizziamo: Houston abbiamo avuto un problema.
Quanto spesso ci è successo di domandarci se una certa cosa, una certa situazione, o ancora, un momento particolare della nostra vita dovesse essere accettato o cambiato? Forse migliaia di volte. E in fondo la nostra vita, quella che abbiamo, è il risultato delle risposte che abbiamo dato in quel particolare momento; forse ce ne siamo pentiti, forse oggi agiremmo in modo diverso ma il passato è un luogo non più abitabile mentre il futuro non lo è ancora. Il passato lo possiamo ricordare, spesso in maniera non realistica e vera, ma non modificare; il futuro ce lo possiamo forse prefigurare ma sarà in genere diverso dalle nostre aspettative… ma questo è un altro discorso.
Dato che mi è stato chiesto, espressamente, di coniugare Mindfulness e scissione del PD, impresa apparentemente titanica, vorrei partire da tre racconti, gli ultimi due del buddismo zen, buddismo da cui la Mindfulness trae ispirazione e di cui rappresenta la versione laica. Il primo: è la storia, di cui peraltro non so la veridicità, sulla tecnica usata in India per catturare le scimmie. Si pratica un foro in una noce di cocco legata a una catena, abbastanza grande per fare entrare la mano aperta della scimmia ma nello stesso tempo abbastanza piccola per impedire che il pugno chiuso possa uscire. Al suo interno viene posta una banana che la scimmia afferra ma non riesce a tirarla fuori per la strettezza del foro. Nonostante i tentativi effettuati o la scimmia lascia la banana estrae la mano e scappa oppure viene catturata.
Diceva un mio professore ai tempi dell’università, sbagliando, ” i medici quando non sanno fare una diagnosi danno la colpa allo stress”: segno di una vecchia mentalità che riteneva che gli effetti dello stress fossero espressione di mancanza di “spina dorsale”. Oggi, viceversa, sappiamo che lo stress, soprattutto se prolungato, entra a pieno diritto in quello che, parafrasando la definizione sui tumori più pericolosi, gli anglosassoni chiamano i “Big killer” al pari della cattiva alimentazione, la vita sedentaria, e l’eccessivo uso di sostanze voluttuarie come tabacco e alcool. E che la nostra società sia estremamente stressante non è una novità essendo sotto gli occhi di tutti: eccessiva competitività, eccessivi carichi di lavoro, insicurezza del posto di lavoro, stile di vita, tanto per citarne solo alcuni.
Certamente non voglio fare una trattazione di tutti gli aspetti che l’evoluzione del rapporto medico paziente ci sta presentando e neppure fare un trattato di bioetica ma solo evidenziarne alcuni temi con cui medici e pazienti dovranno confrontarsi.
Tanto, tanto tempo fa ho letto un libro: “Parlami, ho tante cosa da dirti”. Purtroppo ricordo solo che si parlava di comunicazione all’interno della coppia, ma mi sembra che potrebbe essere una buona sintesi di come penso debbano essere i rapporti medico paziente. In fin dei conti anche la relazione medico paziente è, o dovrebbe essere, una relazione empatica.